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RITARDI, SPORCIZIA E SPAZI MINIMI. ORDINARIA ODISSEA DEL PENDOLARE
Data pubblicazione 08/10/2009 11:31:00

La metafora è forte, ma anche quella più calzante: «il viaggio della speranza». E’ stata coniata dai pendolari che ogni giorno scelgono la tratta “Arezzo-Firenze”, per motivi di lavoro o studio. In teoria due ore di treno al giorno, anche meno, per chi sceglie di prendere un intercity, in pratica almeno trenta minuti in più, visti i continui ritardi. La “maglia nera”, in questa lotta contro il tempo, va alla scorsa settimana. Quasi tutti i regionali, quelli cioè che effettuano fermata a Figline Valdarno, San Giovanni Valdarno e Montevarchi, hanno registrato almeno 10 minuti di ritardo, spesso 15. Mezz’ora appunto, sommando andata e ritorno.

UNA SETTIMANA SOTTO OSSERVAZIONE - Il viaggio comincia lunedì scorso, con il treno delle 11.45 per Firenze. Poco affollato, arriva in orario. L’ingresso a Santa Maria Novella è previsto alle 12.47. Sara, 23 anni, e lezioni ad Architettura che la aspettano, parla con le amiche: «Meno male che questa mattina non ci sono ritardi, altrimenti arriviamo tardi a lezione anche oggi». Una volta salite sul convoglio scatta la scelta del posto migliore: le carrozze sono vecchie, e sporche. Chiazze di unto, cartacce e fazzoletti abbandonati un po’ ovunque, nessuno spazio per lasciare borse o valigie, la maggior parte ha una grandezza tale da non entrare nei ripiani e i “trolley” si accumulano lungo il corridoio. Problema sedia risolto, la sorpresa arriva in prossimità di Figline Valdarno, quando, poco prima di immettersi nella serie di gallerie che collegano questa stazione a Campo di Marte, il treno si ferma, e aspetta: un problema vecchio, denunciato già lo scorso dicembre da molti comitati pendolari: il passaggio dei convogli dell’alta velocità. Del Freccia Rossa Milano-Roma in due ore, o degli Intercity, poco importa, la certezza sono i 12 minuti che il convoglio sosta in prossimità del binario di scambio e la voce metallica dell’autoparlante (un “amico familiare” per tutti i pendolari) che annuncia, una volta giunti a Campo di Marte: «Trenitalia si scusa per il disagio, il treno viaggia con un ritardo di 10 minuti». Nuova sosta in prossimità di Firenze Statuto, e le lancette dell’orologio a Santa Maria Novella segnano le 12.57.

ODISSEA QUOTIDIANA - Un “caso”, che si ripropone allo stesso modo la mattina successiva. Orario diverso, treno delle 8.40, in partenza da Arezzo, stesso problema del giorno prima, con l’aggiunta di uno nuovo: questo convoglio è uno dei più utilizzati dai pendolari e le persone che lo utilizzano sono moltissime, specialmente quelle che salgono tra Montevarchi e Figline. Due carrozze in fondo sono chiuse e l’unica soluzione per gli ultimi viaggiatori che salgono resta quella di fare la tratta in piedi, in corridoio, tra un sedile e l’altro. Martedì scorso molti sono studenti, hanno cartelle, non sanno dove poggiarle e scatta la lamentela degli altri passeggeri: «Puoi spostarti per favore? Ho il tuo zaino che batte sulla nuca», chiede gentilmente un signore sulla quarantina a un ragazzo. «Siamo strettissimi, non so proprio dove andare», è la risposta. In effetti le persone in piedi sono in fila indiana e occupano tutto lo scompartimento. «Ecco, dopo che siamo stati fermi 10 minuti a Figline, c’è anche la fila per scendere», commenta Anna, 35 anni, commessa. L’orologio a Santa Maria Novella segna le 9.55. La scena si ripete mercoledì, con un diretto: il treno delle 9.57, nessuna fermata intermedia, ma un nuovo stop a Figline anche per questo convoglio e i soliti 7 minuti di ritardo rispetto all’ora di arrivo a Firenze. Il ritorno, fino a giovedì, è in orario, alcuni treni, ad esempio il regionale delle 20.15 di lunedì hanno un ritardo, recuperato durante il viaggio e arrivano ad Arezzo puntuali. Non ci riesce il regionale delle 20.15 di giovedì sera. Il tabellone segna 10 minuti di ritardo e nessun binario di riferimento, a Santa Maria Novella non sono previste postazioni a sedere se non in saletta, e tutti i viaggiatori si accalcano, stanchi dopo una giornata di lavoro, davanti ai tabelloni al Binario 16: «tanto parte sempre o da qui o dal 12», si giustificano. Alle 20.13 il binario appare: è il 12, e tutti vi si accalcano, altri 7 minuti poi arriva il treno.

LA GENTE E' ESASPERATA - Specialmente la sera, tra i pendolari, è facile scambiarsi opinioni, tenersi compagnia durante il rientro e basta un commento per scatenare un dibattito: «Ha ragione, lei che può – le risponde subito Alessandro, dirigente d’azienda - Non c'è posto per sedersi, e in media due o tre carrozze restano chiuse perché non funziona la luce o il riscaldamento, molte porte sono bloccate e non te ne accorgi fino a quando non stai per scendere. Mi è capitato di perdere un treno con un ritardo di un’ora perché all’ultimo minuto hanno cambiato binario senza annunciarlo. E non scordiamo la sporcizia». Intanto il viaggio prosegue e all’arrivo alla stazione di Arezzo, le lancette sono ferme alle 22.30 (orario previsto 22.15), e la solita voce metallica, lo annuncia poco prima che i passeggeri scendano: “Trenitalia si scusa per il disagio”. Un disagio che si ripete puntuale venerdì mattina con il convoglio delle 8.40 (arrivo a Santa Maria Novella alle 10) e domenica pomeriggio con quello delle 17.45 (alle 19 a SMN, invece che alle 18.47). Per arrivare in orario, forse una soluzione c’è, più costosa ma efficace, venerdì, l’Intercity delle 17.55 era perfettamente puntuale. Nove euro e non cinque e settanta di biglietto.

Fonte: CorriereFiorentino.it


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